INCONTRO
Leggere il paesaggio attraverso le opere dei grandi pittori
“L’articolo 9 della nostra Costituzione afferma: “al Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Il progresso (lo “sviluppo”) e la conservazione (la “tutela”) sono così collegati in una comune responsabilità.
Se pensiamo a quando la Costituzione fu pensata e scritta, si apre uno scenario spaventoso di distruzioni causate dalla guerra. Le immense distruzioni avevano colpito dolorosamente l’identità italiana. Si pensi a Montecassino,a Santa Chiara a Napoli. Mentre parla di patrimonio storico e artistico la costituzione parla di paesaggio. Le due cose sono legate. IL nostro paesaggio è un paesaggio storico, che generazioni di contadini hanno costruito nei secoli. Il nostro paesaggio costituisce la nostra identità. Lo vediamo nell’invenzione del presepio da parte di san Francesco, il santo italiano che fu il primo a parlare dell’acqua e del sole. Dal semplice gesto di Francesco sarebbe nata la straordinaria reinvenzione del paesaggio che è il presepe napoletano. La consapevolezza del paesaggio e la sua validità culturale ed estetica si afferma nel Trecento con l’ affresco di Ambrogio Lorenzetti. a Siena, del Buon Governo. In seguito, il paesaggio diventa un protagonista nella pittura contemplativa di Giovanni Bellini, nell’indagine di Leonardo, nella lettura geografica di Piero della Francesca. La poesia scopre altri valori nel paesaggio finché questo diventa “classico”, con Annibale Carracci, “romantico” già con Salvatori Rosa. Pittori e poeti rivelano la bellezza di Capri e di Ravello.
È appunto questo il patrimonio che l’art. 9 vorrebbe conservare. Uso il condizionale perché sappiamo bene come in questi decenni si sia fatto scempio del paesaggio. Quando la Costituzione scrive Repubblica non intende soltanto le istituzioni preposte a certi compiti, bensì l’ insieme dei cittadini. Che la responsabilità sia anche individuale ce lo confermano oggi fenomeni che quando la costituzione fu scritta non si erano presentati, come l’ inquinamento, il cambiamento climatico, la gestione dei rifiuti, fattori che interferiscono notevolmente con il paesaggio.” [Carlo Bertelli]
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TRACCIA DELL'INCONTRO
L’ articolo 9 della nostra Costituzione, ovvero uno dei primi nei quali viene definita la nostra identità, recita:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione
Vi sono dunque contemplati un momento attivo e propulsivo ( lo sviluppo! ) ed uno conservativo ( il patrimonio storico e artistico ) e un elemento, il paesaggio, che va anch’esso tutelato alla stregua del patrimonio.
IL termine “promuove” è volutamente non impegnativo. L’ Italia usciva da una dittatura e ora si voleva che non vi fossero interferenze sulla ricerca e sulla creazione.
La Costituzione veniva scritta quando ancora erano presenti le rovine che la guerra aveva causato al patrimonio d’arte della nazione. Distrutta Montecassino, colpite Santa Chiara a Napoli, sconvolto il tessuto delle vie e dei ponti a Firenze e a Verona, a Padova la cappella con gli affreschi del Mantegna, a Ravenna Santa Maria in Porto fuori, che racchiudeva le testimonianze della pittura ravennate al tempo di Dante.
Il paesaggio, immobile e indenne, contrastava con lo spettacolo delle rovine.
Ma i legislatori erano consapevoli di nuove sfide,
L’impetuoso e spesso disordinato sviluppo industriale stava minacciando le aree verdi, antiche ville venivano lottizzate, nei punti più belli della penisola sarebbero sorti i cosiddetti “ecomostri”, le periferie stavano ingoiando le città, ignorati erano i vecchi regolamenti urbani. dalla crescita indisciplinata delle città
Il predominio del trasporto su gomma stava alterando il paesaggio, assalito anche dallo sviluppo delle seconde case.
A questo elenco di problemi, oggi dobbiamo aggiungere il riscaldamento del pianeta, con conseguenti alluvioni, l’avanzare dei deserti in grandi aree del mondo, il problema della gestione dei rifiuti.
Il nostro è UN PAESAGGIO STORICO, costruito giorno per giorno da milioni di contadini. E’ UN PAESAGGIO IN CUI CI IDENTIFICHIAMO
PASAGGIO CHE NON APPARTIENE SOLO A NOI, MA CHE NOI SIAMO STATI I PRIMI A COMPRENDERE E RAPPRESENTARE
Il paesaggio alle origini della poesia e della letteratura
Cantico delle creature
Laudato sì, mi Signore, cum tutte le tue creature.
Spetialmente messer lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et è bello e radiante cum grande splendore
De Te, Altissimo, porta significatione
Laudato sì, mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ hai formate clarite et pretiose etb belle
Laudato sì, mi signore, pe frate Vento
Et per l’ aere et nubilo et sereno et omne tempo
….
Laudato sì, mi Signore, per sor’ Acqua
La quale è molto hutile et pretiosa et casta
Manzoni
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tar due catene non interrotte di monti, tutto a seni e golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli….
Si tratta d’una descrizione geografica, cui corrisponde la commossa “preghiera” di Lucia costretta a emigrare:
Addio, monti sorgenti dall’ acqua et elevati al cielo, cime ineguali,
note a chi è cresciuto tra voi e impresse nella sua mente
Non sarà un caso se questo paesaggio ha attratto un attore internazionale, Clooney, che ha scelto di abitarvi.
È stata soprattutto la pittura a farci scoprire la bellezza del paesaggio italiano.
Tra il 1338 e il 1339 Ambrogio Lorenzetti dipinse nel Palazzo Pubblico di Siena l’ allegoria degli effetti del buono e del cattivo governo.
In pittura, era la potente evocazione del rapporto città – campagna, l’ asserzione che la bellezza del paesaggio e della città dipende dalla saggezza dei governanti.
Era un manifesto che precedeva di secoli quanto è affermato nella Costituzione.
Al di là della politica, la pittura ha saputo emozionarsi anche a paesaggi incolti, a paludi, ponti cadenti, corsi violenti dei fiumi, eruzioni vulcaniche.
Un filosofo francese del Cinquecento poté scrivere:
Avvicinandosi a Roma si vedono quasi da ogni parte campagne per lo più sterili e incolte
Preannuncio d’una città di rovine.
Eppure proprio quel paesaggio che con i suoi villaggi chiusi tra mura, i mausolei in rovina e le capre che pascolavano dove erano i resti di antichi templi, quel paesaggio così segnato dalla storia, divenne l’ispiratore di una nuova sensibilità da cui nacque il paesaggio di Annibale Carracci, Domenichino, Poussin.
All’altro estremo, Salvator Rosa ha dipinto la sconvolgente emozione di un paesaggio selvaggio.
Se consideriamo oggi la pittura del XX secolo, per esempio nei quadri di Morandi e Carrà, troviamo più l’ affetto per singoli frammenti del paesaggio che un’ampia visione d’insieme.
Ricordiamo allora quando, nel 1223, san Francesco realizzò il presepio a Greccio con persone e animali veri.
Era, la sua, l’insoddisfazione per le formule ripetitive della pittura di allora, un forte invito a guardarsi intorno e a evocare la realtà.
Col tempo, ne sarebbe sorto il “presepio napoletano”, una sintesi del paesaggio del Sannio e dell’Irpinia.
Nel presepio napoletano si mangia e si vende di che mangiare.
Si torna così ai principi base del paesaggio coltivato, che è creato dai contadini per il nostro mangiare.
Con la straordinaria quantità di prodotti regionali della nostra tradizione, possiamo dire che noi “Mangiamo il nostro paesaggio”
Affermazione che la distribuzione globale rende sempre meno vera.
La descrizione del nostro paesaggio ha posto esigenze che i nuovi mezzi di rappresentazione sono in grado di soddisfare.
La televisione ha un ruolo molto importante, sia quella documentaria che la fiction.
Una ricognizione del paesaggio francese, che prese il nome di DATAR
Délégation interministériale à l’ aménagemnt du territoire, e che aveva mobilitato ben 29 fotografi di tutto il mondo, era giunta alla conclusione che bisognava contare su città piccole.
Era questo anche il rimpianto di Paolini, che vedeva nelle nuove città solo volgarità ed egoismo.
Dobbiamo allora tornare indietro?
Sappiamo bene che ciò sarebbe impossibile.
Dobbiamo invece accettare quelle che ho chiamato le nuove sfide e saper dominarle
L’articolo 9 non delega a nessuno ciò che invece è nelle nostre responsabilità.
Le alluvioni (Sarno, Genova, Olbia…) dipendono da inadempienze spesso condonate.
Ogni giorno, con la raccolta differenziata, i limiti al consumo di energia, il car sharing e il bike sharing, noi contribuiamo alla tutela del paesaggio.
Relatore: Carlo Bertelli
Carlo Bertelli è professore emerito di storia dell’arte delle università di Losanna e della Svizzera Italiana. È stato soprintendente per i Beni Artistici e Storici e direttore della Pinacoteca di Brera oltre che dell’Istituto Nazionale per la Grafica. Ha insegnato nelle università di Berlino, Ginevra, Berkeley, Venezia ed ha tenuto le Mellon Lectures presso la National Gallery di Washington nel 1995. È accademico di San Luca, socio dell’Ateneo di Scienze e Lettere di Brescia e dell’Accademia di Scienze di Torino.
Sede dell'incontro: Napoli - Museo di Capodimonte
La costruzione del Palazzo Reale di Capodimonte fu intrapresa nel 1738, nell'area adiacente all'omonimo Bosco dove nel 1734 Carlo di Borbone aveva deciso di creare una grande riserva di caccia e una residenza di Corte, in suggestiva posizione panoramica sul golfo e sulla città sottostante. I lavori, diretti da Giovanni Antonio Medrano, furono orientati, fin dalla fase progettuale, alla realizzazione di una struttura atta ad accogliere la ricchissima collezione farnesiana ereditata da Carlo di Borbone. L'edificio si sviluppa in senso longitudinale, attraverso la successione in asse di tre vasti cortili porticati e intercomunicanti, aperti verso l'esterno con ampi fornici; i due prospetti presentano rigorose facciate in severo stile dorico e di misurato gusto neocinquecentesco, ritmate da forti membrature in piperno grigio, sapientemente contrastante con il rosso napoletano delle pareti intonacate, e dalla successione di ampie finestre al piano nobile e di aperture minori agli altri livelli. Le collezioni Farnese e borbonica costituiscono i nuclei principali del patrimonio museale di Capodimonte. L'origine della raccolta Farnese si deve all'azione politica e alle scelte culturali di Alessandro Farnese (1468-1549), che, ancora prima di diventare papa col nome di Paolo III, aveva coltivato l'interesse per il collezionismo artistico e antiquario. Nel 600 una parte consistente della collezione fu trasferita nelle residenze ducali di Parma e Piacenza; infine Carlo di Borbone, divenuto re di Napoli nel 1734, decise di trasferire la collezione, ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, nella capitale del suo nuovo regno. Le raccolte borboniche, dalla complessa storia costellata di commissioni, acquisti, soppressioni monastiche, legati e donazioni, testimoniano lo sviluppo della scuola napoletana dal 200 al 700. Il cospicuo patrimonio proviene in maggior parte da importanti complessi religiosi di Napoli e della sua provincia, selezionato per entrare nelle collezioni del Real Museo Borbonico. Il Museo si sviluppa su tre piani: il primo piano ospita, oltre all'Appartamento storico, la ricca collezione farnesiana; al secondo piano è collocata la galleria napoletana, ed infine, al terzo piano è esposta la collezione di opere dell'Ottocento e di arte contemporanea.