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INCONTRO

28.11.2012
Inizio ore 11:00

Il valore del patrimonio culturale per lo sviluppo sociale ed economico dei territori


Elenco scuole incontro

Silenzi, forse troppo lunghi, come pause da colmare, facevano capire che una calca di domande affollava la sua mente. Aspettava a farle, perché voleva essere sicuro di non apparire incauto. Era vestito in modo inusuale con panni morbidi e cappello, ma nella varietà internazionale dello street à porter non destava attenzione, né curiosità.

Fino a quel momento era stato un crescendo di meraviglia. Il volto intenso e austero del genio era sbalordito. Le tecnologie lo avevano sempre appassionato e le loro applicazioni attuali andavano al di là della sua immaginazione, che era stata la più fervida e penetrante di tutto il suo secolo. Macchine semoventi, congegni parlanti, figurine viventi, tutto era meraviglioso, ma di fronte alla coda di visitatori davanti alla Nuova Galleria Sabauda, quelle domande riaffioravano, ancora senza risposta.

Il momento più commovente fu quando rivide nella penombra di una stanza sotterranea il suo autoritratto. Leonardo si emozionò. Non poteva toccarlo perché uno spesso cristallo lo proteggeva. Se ne domandò il perché, ma subito la memoria di quel lontano giorno gli colmò la mente. Ricordò il foglio bianco che si animava segno dopo segno, immagine viva di materia viva. La bocca, il naso, e poi gli occhi fissi nei suoi a scrutare, come in un doppio specchio che moltiplica le immagini senza fine, l’infinita profondità della mente.  I lunghi capelli canuti e la barba fluente facevano ondeggiare quel volto nella penombra, isola zen in un mare di onde di sabbia, superando il taglio della carta, al di là del suo limite fisico. Si ricreava il miracolo dell’aria che accarezzava quel volto attraverso il foglio, che rianimava le apparenze di uno spirito forte e indagatore.

Rivide qualche disegno di Buonarroti e ne provò piacere, ma le emozioni ormai lo avevano sopraffatto. Lo accompagnarono al caffè Fiorio per un momento di pausa e di riposo. Questo viaggio dal passato aveva consumato tutte le sue energie, ma la deliziosa bevanda che stava sorseggiando era prodigiosa. Il caffè lo aiutò a superare l’imbarazzo dell’indiscrezione e sommessamente cominciò a domandare dove fossero gli artisti che lavoravano in città. Aveva visto i laboratori scientifici e le fabbriche giganti. «Dove sono le botteghe dei vostri pittori?» gli risposero che Mario Merz era morto, che Michelangelo Pistoletto se ne era andato via. Che se voleva incontrarli, Giulio Paolini e Nicola De Maria abitavano in una piazza non lontana a ridosso della collina. Giuseppe Penone, Gilberto Zorio, Marco Gastini e Piero Gilardi erano in continua attività. C’erano anche alcuni giovani, Enrico De Paris, Pier Luigi Pusole, Botto e Bruno, Enrica Borghi, ma non avevano vita facile. «Dove sono i vostri poeti?» gli risposero che Alessandro Baricco, Giuseppe Culicchia, Ernesto Ferrero, Margherita Oggero scrivevano con grande intelligenza del mestiere. «Dove sono i musicisti, i compositori, gli architetti?» Alberto Basso e Carlo Olmo presentarono nomi anche illustri, ma la gamma era limitata.

«Insomma dov’è la fabbrica della cultura? Chi produce cultura?» I suoi ospiti si guardarono l’un l’altro un po’ smarriti per la domanda così diretta, e non risposero.

Per discrezione non si informò sul valore degli artisti che via via gli menzionavano, ma si stupì per l’esiguità de loro numero. Gli sembravano pochi e poco visibili in città, forse poco amati o poco odiati.

«Dove sono i principi e i mecenati?» Gli risposero che non c’erano più, nemmeno a Milano e a Firenze. Imprese e fondazioni bancarie erano i nuovi principi della culture, ma preferivano conservare il passato e avevano timore di produrre il nuovo.

Non capì altre cose, come pagare il biglietto per entrare nelle chiese e nei palazzi che conservavano opere d’arte, chiamati «musei». Non capì, infine, perché si amavano tantissimo le opere d’arte del passato e poco o nulla quelle contemporanee. Perché la produzione di cultura fosse meno importante del consumo di cultura prodotta in epoche remote e trapassate.

 

Walter Santagata, "La fabbrica della cultura", Il Mulino, Bologna 2007, pp. 9-11 (Per gentile concessione dell’autore).

Relatore: Walter Santagata

Walter Santagata insegna Economia dei beni e attività culturali nell'Università di Torino è stato membro del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo "La Mode. Une économie de la créativité et du patrimoine" (2005, La Documentation Française, con C. Barrère), "Indagine sull'arte contemporanea italiana nel mondo" (Skira, 2005, con P.L. Sacco e M. Trimarchi) e "Simbolo e merce" (Il Mulino, 1998).

Sede dell'incontro: Palazzo Litta

Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Lombardia
Teatro Litta
Corso Magenta, 24
20123 Milano

Il Palazzo, commissionato da Bartolomeo Arese (1610-1674) all’architetto Bartolomeo Bolli, è un rilevante esempio dell’architettura barocca milanese. Nel 1874 sede della Società Ferroviaria dell’Alta Italia, dal 1905 passa alle Ferrovie dello Stato. Notevolmente danneggiato dai bombardamenti del 1944 e viene ricostruito sulla base di antichi disegni. È stato ancora sottoposto ad un ulteriore intervento di un interessante operazione di restauro conservativo nel 1989. Oggi è sede della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia.


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