5° edizione4° edizione 3° edizione 2° edizione 1° edizione
Articolo 9 della Costituzione

Progetto e
Concorso nazionale

Articolo 9
della Costituzione

Cittadini attivi per
il paesaggio e l'ambiente


Home / Documenti / Approfondimenti 2016 / Il bosco nel medioevo: un paesaggio per la comunità

Il bosco nel medioevo: un paesaggio per la comunità from Articolo9 on Vimeo.

Il bosco nel medioevo: un paesaggio per la comunità

conversazione con Riccardo Rao, professore dell'Università di Bergamo, registrata il 27 gennaio 2016 presso la sede del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca-Roma

È possibile individuare il momento in cui in Europa si prende coscienza dei paesaggi agrari? Il Medioevo rappresenta una svolta nel rapporto tra uomo e ambiente e uomo e bosco. Rispetto al mondo antico matura concezione positiva di questo rapporto dato culturale. In questo momento boschi diventano meglio valorizzati e una risorsa di primaria importanza per le società locali. Testimonianze storiche a disposizione per ricostruire i boschi di questa epoca particolarmente problematiche. No foto ma testi letterari e affreschi. Le fonti letterarie e iconografiche insistono su impenetrabilità del bosco, inaccessibile, spopolato, abbandonato. In realtà dobbiamo maneggiare questa immagine con grande prudenza e cercare di capire perché un certo tipo di fonti insiste su queste immagini (per intenderci un esempio: la Selva oscura di Dante) Dobbiamo quindi capire perché autori offrono queste immagini. Un esempio tra tutti: il complesso di San Vincenzo al Volturno in Molise, uno dei più grandi complessi monastici del Paese. La cronaca del Volturno ci racconta che nell’VIII secolo tre nobili si recarono all’interno di un bosco spopolato e in questo ambiente ostile scelsero di fondare quello che sarebbe poi divenuto uno dei più grandi monasteri della cristianità. A seguito della campagna di scavo archeologico, in realtà, emerse che il monastero era sorto sui resti di una precedente villa romana di epoca tardo antica. Alla luce di questo dato viene da pensare che il luogo ‘inaccessibile’ non quantomeno non sia una definizione calzante e veritiera. Si può quindi ipotizzare che questa immagine letteraria fosse stata scelta per esaltare la scelta di santità dei fondatori di San Vincenzo al Volturno. E’ interessante invece segnalare come le fonti, archeologiche o scritte quali ad esempio i documenti notarili ci parlano dei boschi medievali con una immagine ben diversa di uno spazio vissuto e molto popolato. Se vogliamo è piuttosto oggi che l’espressione ‘inaccessibile’ sembra adattarsi ai boschi attuali: pensiamo alla pervasività dei boschi appenninici, pervasività dovuta al fatto che questi luoghi non sono più curati e manutenuti né tanto meno valorizzati fino a divenire spopolati. Al contrario nel Medioevo il bosco è una risorsa di primo piano, continuamente gestita con interventi assidui di coltivazione e pulizia. Per capire meglio questo processo è utile distinguere una prima fase (dall’inizio del Medioevo fino al XI secolo incluso segnata da un rapporto dell’uomo nei confronti della natura come fase di solo ‘adattamento’ al bosco e una seconda fase (XII secolo) in cui l’uomo finisce con il dominare la natura e per certi aspetti la cancella; è un periodo di forte crescita economica aumento demografico e rilancio dell’economia cittadina. Come spesso avviene, in questi momenti di espansione il rapporto con l’ambiente viene messo in crisi (similitudini con le contemporanee economie emergenti Brasile e Cina) cercano dia vere più campi coltivati, più villaggi: è il momento del disboscamento e delle deforestazioni. E’ una lunga fase del XII-XIII che porta gli spazi del bosco a comprimersi e, ciononostante, gli uomini riescono a conservare un rapporto vitale con la natura, simbiotico, in cui la conoscenza da parte dei contadini delle varie specie vegetali è molto alta. Così la presenza o meno di determinate essenze può aiutarci a capire meglio l’economia di un’epoca. Studiare le differenti essenze nelle differenti epoche è un modo per ricostruire i differenti tipi di economia e di società. Due esempi che danno il senso della trasformazione dell’economia tra Alto e Basso Medioevo sono connessi a due diverse specie vegetali. La prima è la quercia, uno dei cardini dell’economia dell’Alto Medioevo, fondamentale per la sua produzione di ghiande con le quali si porta avanti l’allevamento allo stato brado dei suini che vanno al pascolo libero nei boschi. E’ il periodo che corrisponde allo sviluppo grandi aziende agricole silvo-pastorali, dei grandi proprietari artefici e beneficiari dei proventi di questo tipo di economia. Passiamo alla seconda essenza: il castagno. Siamo nel XII secolo (Basso Medioevo) periodo in cui si verifica la trasformazione degli spazi boschivi al loro interno: l’opera di coltivazione del bosco diventa ancora più ‘ingombrante’ con, appunto, la coltivazione del castagno. La presenza di questi boschi viene alle volte indicata come ‘bosco domestico’ in opposizione al ‘bosco selvatico’. La diffusione del castagno è dovuta alla produzione dei loro frutti, cardine dell’alimentazione dei contadini: cresce la popolazione, cresce il bisogno alimentare. Ancora adesso la presenza di questi alberi e la loro straordinaria diffusione caratterizza il nostro paesaggio ed è una riprova dell’intensità di questa coltivazione. Numerosi toponimi che ne derivano aiutano a capire la diffusione di questa essenza: Castagneto, Castagneta, Castanea, Castana. Un albero che ha dato vita a una vera e propria civiltà del castagno che porta farine minestre, pali di sostegno alle viti e legname per costruzione. Si pensi all’importanza che il bosco assume in funzione del grande valore economico del legname, materiale a buon mercato, facile da recuperare e che ben si adatta alle necessità costruttive dell’epoca. I boschi, queste importanti risorse sono tutelate fin dall’inizio con la costruzione di un sistema di interventi normativi fin dall’inizio del Medioevo con l’editto di Rotari (643). Però la costruzione di un sistema di regole più stringenti avviene ancora una volta nel XII secolo: è nel momento in cui l’ambiente viene più ‘aggredito’ che si sente maggiore la necessità di un sistema che tuteli la risorsa ambientale. Tra i pericoli percepiti, l’uso indiscriminato delle risorse e il loro sfruttamento. Con il pericolo che in pochi anni il bosco non ci sia più. Si tratta di interventi legislativi locali con statuti prodotti dalle comunità di villaggio, intesi a tutelare gli spazi boschivi che appartengono all’intera collettività e che sono beni comuni, parola molto presente nell’agenda della politica attuale. Per quest’epoca si parla di boschi, di pascoli beni comuni che riescono a permettere l’accesso egualitario alle risorse ambientali con disposizioni che tutelano innanzitutto le fasce più povere della popolazione che possono avere legna per l’inverno e piccoli pascoli per alimentare i pochi capi di bestiame necessari per la sopravvivenza della famiglia. Beni comuni che rappresentano una grande aspirazione collettiva delle società medievali; tuttavia proprio perché si tratta di una risorsa ambita, i beni comuni generano nel Basso Medioevo conflitti all’interno delle società con appropriazioni indebite da parte di singoli individui o gruppi sociali a svantaggio di altri. Ad esempio nel XV e nel XVI secolo in molte comunità si vieta l’accesso ai beni comuni alla popolazione di recente immigrazione stabilendo che solo gli abitanti di antiche origini possano usufruirne. Realtà complessa che porta nel Medioevo alla messa in primo piano delle istanze collettive e alla creazione di un sistema di regole per l’accesso alle risorse ambientali. Queste società si avvicinavano al bosco in maniera differente dalla nostra e con una capacità di simbiosi con l’ambiente e una sensibilità nei confronti del bosco che non è motivata da problemi ecologici ma dal fatto che il bosco, essendo una ricchezza doveva essere ben amministrato. Avere un tipo di approccio partecipato era qualcosa che garantiva la totalità dei bisogni della società dell’epoca. Dovremmo oggi prestare attenzione ed abbinare il sistema normativo di tutela all’ aspetto del vivere il paesaggio da vicino, facendo partecipare di più le comunità locali al paesaggio stesso. Così come dovremmo imparare dal Medioevo a razionalizzare l’uso del territorio per coltivazioni forse meno ‘produttive’ ma certo più rispettose dell’ambiente.

Per saperne di più sull’argomento, potete scrivere al prof. Rao all’indirizzo:  riccardo.rao@unibg.it


FONDAZIONE BENETTON STUDI RICERCHE via Cornarotta 7-9, Treviso, Italy | c.f. 01236810261